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Educazione e linguaggio. Un destino comune
Di cosa parliamo, e cosa è in gioco, quando si parla di educazione? In particolare, di cosa parliamo, dal momento che è sempre più evidente una grande “faglia”, che separa gli “educatori” dai ragazzi e ragazze, a cui si pretende di dispensare insegnamenti o valori all’interno di schemi, strutture e istituzioni, che erano adatti a un’epoca in cui gli uomini e il mondo erano ciò che non sono più? In effetti, i “nuovi umani”, come li chiamava Michel Serres, non hanno più la stessa testa dei loro genitori. Così come non parlano più la stessa lingua. In più, forse è il caso di riconoscere che quasi tutto ciò che noi…
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Il mondo in fuga
Cosa c’è di veramente nuovo nel nostro mondo, dal momento che storici e sociologi , a partire da Fernand Braudel (Civiltà materiale, economia e capitalismo) sostengono con buone ragioni che il mondo di cinquecento anni fa era quasi altrettanto globalizzato quanto quello odierno? Forse, ciò che vi è di realmente peculiare, nel nostro mondo, è un particolare effetto della globalizzazione, che consiste nel non sapere dove il mondo stia andando. Infatti, pure se si dice spesso che la globalizzazione ha unificato e rimpicciolito il mondo, in realtà occorrerebbe pure dire che lo ha moltiplicato, moltiplicando e complicandone le interazioni, a livelli impensabili. In realtà, oggi non possediamo più un…
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Una regressione linguistica?
Noi umani siamo le uniche creature capaci di pensare il nostro “dire” e di parlare del linguaggio che usiamo. Noi dovremmo aver acquisito l’abilità di meta-comunicare, cioè la capaci di dire “sto dicendo che…”. È vero anche che a scuola, dice lo scrittore Marco Balzano, ci insegnano a scrivere (a parlare no!), ma “non ci dicono che le parole hanno corpo e si possono maneggiare”, con effetti imprevedibili, se lo si fa senza consapevolezza. Ma come spiegare certe fasi della vita delle società, come quella in cui ci troviamo oggi, nelle quali le parole e i discorsi erompano come tsunami distruttivi, come eruzioni vulcaniche, senza che si capisca veramente “chi…
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Il caso serio del linguaggio
Cosa rischiamo nel passaggio dal “politichese” a un tipo di gergo che si potrebbe chiamare “populese”? Infatti il progressivo impoverimento linguistico che riguarda sia la comunicazione privata che quella pubblica sta diventando davvero una questione urgente. Lasciatemi condividere, a tale proposito, un’esperienza che penso facciate anche molti di voi. Una volta, qualche decennio fa, quando ci si sedeva nel salone di un barbiere, o ai tavolini di un bar (o in altri posti simili), sembrava relativamente facile, ascoltando le “quattro chiacchiere” che si fanno di solito in quel tipo di locali per passare il tempo, indovinare, dal modo di parlare, dai vocaboli usati o dal tono dell’argomentare, chi ci si…
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I politici credono a quello che dicono?
Forse la risposta più “politica” (sic) alla domanda posta nel titolo potrebbe essere: non è importante che ci credano. Ma non saremmo lontani dalla realtà se rispondessimo che, per lo più, i politici, anche quelli considerati bravi e “onesti”, non credono davvero alle cose che dicono. Quello del linguaggio politico infatti è senz’altro l’ambito in cui si verifica in modo più completo la cosiddetta “autonomia del politico”, teorizzata da diversi filosofi della politica, a partire dall’input dato da Machiavelli. I discorsi “politici”, soprattutto oggi, nella società dell’informazione e dello spettacolo, sono sempre più autonomi rispetto alla funzione di segni o di mezzi di comunicazione, per diventare essi stessi oggetto, ciò…