• Chi ha paura del desiderio?

    In realtà, “la storia umana è la storia dei Desideri desiderati”.  Forse è questo tipo di desiderio che inaugura e muove la storia umana. È quel desiderio che Alexabdre Kojève chiama “antropogeno“, cioè non il desiderio di una cosa specifica ma il desiderio del desiderio dell’altro. Il linguaggio del desiderio oggi sembra quasi ovvio. Eppure l’esperienza lo smentisce continuamente, rivelandone le trappole, i vuoti, l’ambivalenza, gli inganni, le implicazioni. Nonostante il fatto che la semplificazione attuale degli oggetti del desiderio e il marketing dell’immaginario abbiano ormai trasferito il “desiderare” nel campo di semplici “procedure”, in vista di “obiettivi” facilmente individuabili.  Probabilmente, sul senso umano del desiderio sappiamo ancora molto poco.…

  • Le banche del risentimento

    La chiamano indignazione ma spesso è solo risentimento. Capita anche questo, quando prevale il modello pubblicitario della politica, e non emergono elementi capaci di produrre un’idea di mondo che si faccia progetto. Capita, in tempi di social, che chiacchiere vuote e risse da bar vengano sublimate in azioni e tattiche politiche. Capita che assolutisti disperati, privi dell’ironia necessaria per attraversare i tempi e le stagioni della vita, si convincano che non ci sia più nulla degno di fiducia. E vorrebbero quasi che tutto andasse in frantumi o saltasse per aria, insieme a loro stessi. Infatti, è un triviale risentimento anche quello di chi si affanna a descrivere scenari funesti, inferni…

  • Il gioco serio della filosofia

    Talvolta noi umani ci troviamo tra le mani i pezzi delle cose senza riuscire a decifrarne il senso. Succede anche con la filosofia, quando sempre più spesso ci chiediamo: che ne è di quella tradizione? a che servirà? Ma, “è già tardi /quando ti svegli /dentro una domanda“: dice al “filosofo” la poetessa Anne Carson, additando in tal modo il segreto e il mistero della “filosofia”, nascosto nelle sue origini e nei suoi primi oassi. Il punto è che se riuscissimo a liberare dall’oblio i primi passi di ciò che poi si é deciso di chiamare “filosofia”, dovremmo riconoscere che “in principio non fu il logos, ma il disagio”, accompagnato…

  • Dove vai quando rientri in te?

    Sì. Dove crediamo di andare quando diciamo di rientrare in noi stessi? Se analizziamo il nostro linguaggio e le nostre categorie, ci accorgeremo che un paradossale e infondato dualismo determina ancora oggi la nostra conoscenza e l’esperienza di noi stessi e del mondo. Si tratta della cristallizzazione di un dualismo tra “interiore” e “esteriore“ talmente preminente, e dato per scontato, per cui “l’esterno“, o l’esteriorità, avrebbe sempre il bisogno di essere sanato, salvato o redento. Perché ciò che appartiene all’esteriorità sarebbe sempre ingiusto, negativo o del tutto effimero. Un tipo di dualismo nato per ergersi contro un mondo ingiusto, alla fine si è rivolto contro qualsivoglia esteriorità. Di quel dualismo siamo tuttora impregnati, nota Harold Bloom. In effetti, abbiamo a che fare con un rigido schema che, scrive…

  • L'uomo abita la Casa dello Specchio

    È un grosso handicap della Modernità occidentale, il fatto che le parole siano diventate solo oggetti tecnici, in ossequio pedissequo alla oggettività e alla positività scientifica.  In conseguenza di quest’approccio, le parole, tutte le parole, scrive Pierre Legendre, non diventano altro che un media portatore di informazioni, sono solo degli “oggetti” utili, e non considerate invece “come facenti corpo con il corpo” dell’uomo. Del resto, il corpo stesso, “l’animalità dell’uomo, non viene considerato, salvo che dalle arti, come avente anche statuto di discorso”. Tutto questo ha anche a che fare con il problema dell’identità e il processo di identificazione.  In effetti, qualcosa non va nel modo in cui in Occidente…