I PAPI E LA LUNA…

La luna di Papa Giovanni”.  A detta dei “laici” autori dei famosi “elenchi” della trasmissione, molto seguita,  di RAI 3,  “Vieni via con me”,  è una delle cose  “di cui siamo fatti”, ( noi: gli ideatori, i protagonisti, gli innumerevoli spettatori del programma, una parte notevole degli italiani).  Il papa è Giovanni XXIII, il papa che con il “Concilio ha aperto una fase e un cammino nuovo nella vita della Chiesa cattolica e forse del Cristianesimo. Anche se quel sentiero sembra uno dei sentieri interrotti nella storia della Chiesa!
La luna”, di cui si parla, si riferisce a una frase detta da quel papa la sera del giorno di apertura del Concilio (1962), davanti a una enorme folla raccolta in piazza san Pietro, per gioire dell’avvenimento.
“Cari figlioli, sento le vostre voci. . La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi….Si direbbe che persino la luna si è affrettata staseraOsservatela in alto, a guardare questo spettacolo… Continuiamo… guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… continuiamo a riprendere il nostro cammino…”.
Quale è il senso di quella frase e quale il senso della citazione da parte di persone di cultura laica?
Non è consueto che un papa per comunicare e condividere un significato religioso inviti a guardare la luna, a osservare come anche la luna sembri partecipare con premura, forse con gioia, a una vicenda umana!
Non credo, infatti, si possa trovare, in qualche altro discorso di un papa contemporaneo, il riferimento alla luna in questi termini. Sembra più l’invenzione linguistica di un poeta!
Forse emerge. anche da questo fatto. la grandezza di quel papa “mite”, e compassionevole,  forse il più grande del 900. Un “cristiano” sul trono di Pietro, come ha scritto, paradossalmente, lo storico  Alberto Melloni.
Un “cristiano” in grado di dialogare con il “sentire” dell’uomo contemporaneo. Un papa la cui grandezza sta nell’aver intuito, lui, un moderato sul piano teologico, la sfida più urgente oggi per il cristianesimo: la necessità cioè di ripensare se stesso e di riuscire a dirsi nelle complesse e plurali categorie della contemporaneità. Un papa che non ha avuto l’ossessione di dover soprattutto difendere o arroccare la sua chiesa! Un papa che ha rotto gli inutili bastioni della sua chiesa, uscendo, prima di ogni altro papa del 900, dal perimetro del Vaticano.
Se è così, quella “luna” significa una nuova prospettiva sul mondo, una capacità di sentirsi simile con simili, mano nella mano, con una umanità in cammino, spesso disorientata, talora ferita e offesa, qualche volta in festa. Una umanità affratellata a prescindere da differenze culturali o anche religiose. Una umanità verso la quale non sembra necessario che un papa si rivolga soprattutto con reprimende, messe in guardia o condanne. Una umanità che viene piuttosto “invitata” a sollevare lo sguardo per osservare, tutti insieme, la luna, che, a sua volta, con il suo “guardare” sembra raccogliere e stringere l’umanità tutta! Una umanità invitata, da quello sguardo, a non sentirsi orfana e sola e ad accogliere, con gratitudine, quella “luminosa penombra”, che la luna stessa è in grado di offrire. Così che il cammino umano possa procedere senza cadute, sostenuto anche dalla opportunità, offerta dal volto sorridente della luna, di incontrarsi con gli sguardi e riconoscersi , tutti insieme, umani!
Un altro modo possibile di essere papa! Un modo sordo alle grida ululanti di quelli che, attivi in ogni epoca, vorrebbero “uccidere il chiaro di luna”, sperando di speculare sul buio, sulla divisione e sullo scontro
Un modo, del resto, non estraneo ai seguaci di colui che invitava a osservare i gigli del campo, gli uccelli dell’aria e quel sole che fa splendere la sua luce sui buoni e sui cattivi!

Amo la storia delle idee, la filosofia e la musica. Mi interessano i linguaggi, la comunicazione, i libri.

3 commenti

  • Anonimo

    Sinteticamente potremmo dire che papa Giovanni aveva il coraggio della fede che ti fa guardare al di là delle tentazioni di sicurezze-prigione legate ad ancoraggi (al potere, alla ricchezza, alle certezze materiali o ideologiche ecc.) e ti scaraventa nel gran mare dell'essere in balia dello Spirito che soffia dove vuole.

  • Anonimo

    Molti luoghi poetici sulla luna mi sono accorsi in mente. Tra tutti mi è caro un surreale canto leopardiano,intitolato “Frammento”, in cui il pastore Alceta racconta all'amico Melisso di aver sognato della luna caduta sul prato. Ma più di tutti mi commuove la conclusione di una nota novella pirandelliana – “Ciaula scopre la luna”. È il momento in cui un ragazzino abituato al buio familiare della miniera ha orrore di affacciarsi al buio della notte. Che conforto stupito la scoperta del chiarore lunare! Sembra che la luna sia un dono, per Ciaula, di “colui che invitava a osservare i gigli del campo, gli uccelli dell’aria e quel sole che fa splendere la sua luce sui buoni e sui cattivi”. “Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna… C'era la Luna! la Luna!E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.” (Luigi Pirandello, Ciaula sopre la luna)Col medesimo stuporeContempliamo la luna giunta da profondità sconfinata nel concavo firmamento!Lo stesso stupore del “papa buono”, che vide la luna affrettarsi a illuminare le sue parole in quell'incontro notturno.

  • Anonimo

    Nell'immaginario filmico collettivo non può non ornare alla mente la sequenza ideata e girata da George Mèlies, in cui il proiettile lanciato dall'uomo va a colpire la luna in un occhio…fino ad arrivare ad una cinquantina di anni dopo, in cui (forse?) l'impronta dell'uomo sul suolo lunare lascia la sua “firma” nella Storia…anche dal punto di vista cosmologico, la Luna è nata dalla Terra, come Eva è nata da una costola di Adamo…ma a differenza di quella, nessun frutto proibito l'ha allontanata da noi, e la sua “fedeltà” è faro nell'animo dell'Uomo.Oscar

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