Non ci servono "salvatori", ma una "politica" vera!

Aveva, proprio, ragione Nietzsche! Gli uomini, dopo aver ucciso Dio, non hanno il coraggio di trarre tutte le conseguenze da questo loro atto: infatti non riescono a vivere senza Dei, non sanno accettare il limite e le ferite di ogni ambito dell’esistenza, e cercano ancora “salvatori”. Così si rendono ridicoli – scriveva Nietzsche – perché trasferiscono agli uomini ciò che prima attribuivano a Dio. Si sente dire spesso che oggi non si crede più a nulla ma, in realtà, è vero il contrario, perché oggi la gente sembra credere veramente a tutto!
Anche la nostra “politica” italiana è una cartina di tornasole di questo fenomeno paradossale. (Ma, tutta la storia moderna, fino ai giorni nostri, ci dà molti esempi in tal senso!).
Qui, quando si parla di “politica”, non ci si riferisce solo ai professionisti della politica, ma all’approccio che tutti i cittadini hanno verso le questioni e i problemi della polis. La politica è l’insieme di valutazioni, modi di organizzarsi, confronti, scelte, alleanze e decisioni con cui i cittadini tentano di risolvere i problemi di sopravvivenza e di sviluppo della loro “polis”. La politica è il mezzo, umano, molto umano, con cui si cerca di conciliare interessi divergenti e a volte contrapposti, senza ricorrere alla violenza. La politica è l’invenzione di una “tecnica” con cui una comunità in cammino, “aggiusta”, in fieri, i suoi obiettivi e il suo percorso, sapendo che ogni soluzione sarà sempre provvisoria e non produrrà né palingenesi, né società ideali, né tanto meno “paradisi” in terra!
Ecco, perché la politica, la vera politica, può solo essere “democratica“. Non tollera né idoli, né re taumaturghi, né aristocrazie, né “grandi sacerdoti”, né “sapienti” possessori della verità, né stregoni, né presunti angeli, né interpreti autentici della volontà dei cittadini, né “savonarola” portavoce del Bene e “spacciatori” di assoluto, né imbonitori, né, tanto meno, “salvatori”! Tutte le volte, infatti, che questa “intolleranza” democratica è venuta meno, il cammino delle comunità umane si è trasformato sempre in tragedia!
Nella politica democratica, c’è posto, solo, per “rappresentanti“: il termine stesso, tuttavia, esclude una identità o “fusione” tra rappresentante e rappresentato, presupponendo, invece, un ineliminabile elemento di “finzione“, e di relativismo, in quel rapporto. Ecco perché in politica si resta, sempre, nel campo del relativo, nonostante i nostri sogni e le nostre aspettative! Accettare questa condizione è la premessa indispensabile per costruire una polis “terrena”. 
Nella politica democratica, e laica, non esistono, mai, il bene e i puri, da una parte, e, dall’altra, il male e i reprobi. In una politica laica, non si può credere, né si può chiedere, che qualcuno ci possa prospettare e offrire una società, finalmente, senza patologie: chi ha rinunciato al paradiso celeste non può presumere di costruirselo su questa terra. La sola cosa che si può attendere e desiderare è la possibilità di una convivenza, un po’, meno intollerabile per tutti, e più degna di essere vissuta. In una politica democratica, non ci si può “affidare” a presunti salvatori“, perché ci liberino dalle potenze del “male”, ma si può solo chiedere ai nostri “temporanei“, e fallibili, delegati, di perseguire, senza sosta, obiettivi concreti, giorno dopo giorno. In politica, non servono i “duri e puri” ma quelli che sanno tessere la tela sociale, sporcandosi le mani, con pazienza, per intrecciare fili diversi e stabilire nessi tra gruppi e interessi. Nella politica democratica, nella bella politica, non ci fidiamo di quelli che si propongono come “guardiani”, ma piuttosto, tutti, non smettiamo mai di controllare i “controllori”!
Il linguaggio di una politica democratica non è quello invasato e criptico delle cassandre e degli apocalittici, né quello urlato dei venditori ambulanti, neppure quello furbo degli imbonitori e tanto meno quello arrogante, aggressivo o insultante degli “inviati” dalla Provvidenza, o quello ispirato, vago e allusivo dei sedicenti interpreti di un improbabile “popolo”. Il linguaggio di una politica laica e democratica, di una politica, cioè, fatta da donne e uomini consapevoli del proprio procedere lento e incerto, è quello analitico, quasi sillabante, e pazientemente argomentato, quello franco e, talora, onestamente antagonista, di chi sa intravvedere e privilegiare l’orizzonte comune e si sente, soltanto, umile servitore della complessacomunità umana.
I colori della “politica”, perciò, non sono né il bianco, né il nero, né il giallo, né l’azzurro, né il rosso, né il verde,  ma il grigiodella quotidianità e dell’esistenza comune, così bella quando è bella. Sì, il grigio, gioco inevitabile di luci e ombre, come la “politica”, anche se quel grigio, quando la “politica” riesce ad essere bella e vera, può assumere, per qualche momento, la luminosità della perla o, addirittura, i riflessi del celeste.
E a noi, umani, questo dovrebbe bastare!

Amo la storia delle idee, la filosofia e la musica. Mi interessano i linguaggi, la comunicazione, i libri.

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