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Il diluvio universale e la relazione materna
È intrigante la lettura che Peter Sloterdijk fa del racconto biblico del “diluvio universale”, racconto presente nelle scritture sacre ebraico-cristiane ma anche narrazione costante in molti antichi racconti religiosi e mitici. Sloterdijk sostiene che il racconto del diluvio è un vero punto di svolta nella storia dell’umanità e della consapevolezza umana: nnm testimonia infatti la presa d’atto, da parte degli esseri umani, che la natura non è più madre, e che, a partire da quell’evento, realistico o simbolico che sia, il compito di essere madre nei confronti di umani, animali e vegetali, è affidato ormai all’umanità. (cfr. Sfere II, Cortina Editore). In altre parole, la relazione materna, da quel momento,…
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Siamo dentro racconti
Non ci sono fatti. Ci sono solo racconti. Dobbiamo alla globalizzazione e alla rete anche il consolidarsi di questa nuova consapevolezza. In epoche antiche, quando sia la comunicazione che lo scambio delle idee erano ardui o impossibili, prima dell’invenzione della stampa, ma anche dopo, poteva capitare che scritti, libri, teorie, – per l’autorità indiscussa dell’autore, o perché non si conoscevano opinioni alternative, o perché quelle opere ebbero la fortuna di trovare spalle su cui spostarsi e arrivare alla gente che allora contava, o perché legittimate da sovrani, monaci o papi,…- diventassero best sellers e condizionassero il presente e il futuro dei popoli, la loro educazione, le loro credenze, il loro…
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Quelle voci dagli abissi del passato
Le notizie relative alla distruzione delle tracce del passato remoto dell’umanità, di cui si è sentito parlare in questi giorni e nei mesi scorsi, danno senz’altro da pensare. Certo, quel furore iconoclasta e quella mania distruttrice del patrimonio culturale e storico – un “genocidio culturale“, come lo ha definito Ban Ki-moon – è l’espressione del tentativo di annientare l’identità di minoranze religiose, culturali o nazionali. Ma non è solo questo. E neppure si tratta solo del bisogno di dimostrare e imporre la propria forza e il proprio potere sui territori conquistati. Nè solo della necessità di richiamare su di sè l’attenzione dei media e del mondo con atti sicuramente eclatanti…
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Quel tempo che noi siamo
Sì, noi siamo “tempo”! Certo, se possedessimo l’allenato sguardo contemplativo dei mistici o dei poeti, se riuscissimo a guardare “nelle pieghe” del quotidiano, anche le “banali” consuetudini di fine e inizio d’anno potrebbero rivelare la loro primordiale saggezza sul nostro esistere. Purtroppo non abbiamo l’abilità dei mistici e dei poeti. Perché non siamo capaci di rinunciare, neppure per un attimo, a noi stessi, al nostro ego e al nostro approccio strumentale e superficiale alla realtà. Il tempo che noi “siamo”, non riusciamo a percepirlo. E quindi non ci riesce neppure di decifrare i “codici” del nostro vivere. Non riusciamo a vederci come “tempo”. Abituati come siamo a reificare tutto, immaginiamo…
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Se le religioni reimparassero a narrare
Sì, se le religioni re-imparassero la loro originaria – e peculiare – funzione di story teller, di narratrici di storie e di racconti di “fondazione”, forse la storia del mondo oggi sarebbe diversa. Qualcuno ha scritto che non può esserci pace tra i popoli e tra le civiltà senza pace tra le religioni: le vicende recenti, a volte drammatiche, pur interpretabili in parte con processi di adulterazione delle religioni stesse, sembrano in realtà, confermare quella tesi. E allora, sì, se le religioni fossero capaci di riprendere il loro compito originario, forse il destino del mondo globalizzato potrebbe essere diverso, forse potrebbe ridursi in parte il potenziale di violenza che avvelena…