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Educazione e linguaggio. Un destino comune
Di cosa parliamo, e cosa è in gioco, quando si parla di educazione? In particolare, di cosa parliamo, dal momento che è sempre più evidente una grande “faglia”, che separa gli “educatori” dai ragazzi e ragazze, a cui si pretende di dispensare insegnamenti o valori all’interno di schemi, strutture e istituzioni, che erano adatti a un’epoca in cui gli uomini e il mondo erano ciò che non sono più? In effetti, i “nuovi umani”, come li chiamava Michel Serres, non hanno più la stessa testa dei loro genitori. Così come non parlano più la stessa lingua. In più, forse è il caso di riconoscere che quasi tutto ciò che noi…
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Le banche del risentimento
La chiamano indignazione ma spesso è solo risentimento. Capita anche questo, quando prevale il modello pubblicitario della politica, e non emergono elementi capaci di produrre un’idea di mondo che si faccia progetto. Capita, in tempi di social, che chiacchiere vuote e risse da bar vengano sublimate in azioni e tattiche politiche. Capita che assolutisti disperati, privi dell’ironia necessaria per attraversare i tempi e le stagioni della vita, si convincano che non ci sia più nulla degno di fiducia. E vorrebbero quasi che tutto andasse in frantumi o saltasse per aria, insieme a loro stessi. Infatti, è un triviale risentimento anche quello di chi si affanna a descrivere scenari funesti, inferni…
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Il caso serio del linguaggio
Cosa rischiamo nel passaggio dal “politichese” a un tipo di gergo che si potrebbe chiamare “populese”? Infatti il progressivo impoverimento linguistico che riguarda sia la comunicazione privata che quella pubblica sta diventando davvero una questione urgente. Lasciatemi condividere, a tale proposito, un’esperienza che penso facciate anche molti di voi. Una volta, qualche decennio fa, quando ci si sedeva nel salone di un barbiere, o ai tavolini di un bar (o in altri posti simili), sembrava relativamente facile, ascoltando le “quattro chiacchiere” che si fanno di solito in quel tipo di locali per passare il tempo, indovinare, dal modo di parlare, dai vocaboli usati o dal tono dell’argomentare, chi ci si…
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I politici credono a quello che dicono?
Forse la risposta più “politica” (sic) alla domanda posta nel titolo potrebbe essere: non è importante che ci credano. Ma non saremmo lontani dalla realtà se rispondessimo che, per lo più, i politici, anche quelli considerati bravi e “onesti”, non credono davvero alle cose che dicono. Quello del linguaggio politico infatti è senz’altro l’ambito in cui si verifica in modo più completo la cosiddetta “autonomia del politico”, teorizzata da diversi filosofi della politica, a partire dall’input dato da Machiavelli. I discorsi “politici”, soprattutto oggi, nella società dell’informazione e dello spettacolo, sono sempre più autonomi rispetto alla funzione di segni o di mezzi di comunicazione, per diventare essi stessi oggetto, ciò…
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Chi ci libererà dai "maestri" di etica?
Chi ci libererà dai pedanti maestri di etica e dai loro quotidiani e inutili elenchi di mali e malfattori? Chi ci libererà dalle cassandre a dai savonarola che hanno sempre lasciato il mondo così come lo hanno trovato, e magari solo un po’ più annebbiato? Chi ci libererà dai profeti di sventura e dell’apocalisse? Chi ci libererà dai fastidiosi piagnistei di quelli che segnalano sempre il “nemico” alle porte, con la stessa frequenza con cui un tempo avrebbero intravisto diavoli dappertutto? Chi ci libererà da quei noiosi che se odono gli altri suonare un flauto trovano subito un motivo per non ballare con loro, ma anche se li sentono cantare…