Dallo scopone “scientifico” al “racconto della scienza”

Che le indagini internazionali sull’istruzione rivelino un grave deficit di conoscenza scientifica negli alunni delle nostre scuole è sicuramente paradossale! Dal momento che viviamo in un paese tra i più industrializzati, per giunta in un’era tecnologica avanzata, a 500 anni da quella rivoluzione scientifica che ha dato un nuovo volto al mondo moderno e ha cambiato le nostre menti! Paradossale anche perché è abbastanza evidente che non c’è ambito o questione, oggi, in cui l’argomento decisivo non sia quello scientifico. “Scientifico”, “scienza” sono termini e concetti a cui fa appello chiunque, dall’ intellettuale al politico, dall’imprenditore all’artista, dal teologo al docente e all’educatore, dal venditore alla casalinga, dagli anziani ai giovani, dalle persone colte all’uomo della strada!….Persino uno “scopone” degno di questo nome, oggi, sembra debba essere “scientifico”!
In realtà il problema non riguarda solo gli studenti! Vediamo cosa accade in due settori chiave della nostra società: la politica e l’economia. Infatti è sotto gli occhi di tutti l’arretratezza scientifica e culturale della nostra classe politica (basterebbe, come esempio, confrontare la politica di investimenti nella ricerca o l’impegno per favorire lo sviluppo e la diffusione a livello di massa delle tecnologie della comunicazione negli altri paesi, anche in quelli asiatici, con quello che avviene nel nostro paese!). E molto istruttivo è anche riflettere sulla monotona tendenza delle organizzazioni degli imprenditori, del nostro paese, ad addebitare la scarsa competitività della nostra economia o la lentezza della crescita solo al “costo” del lavoro, alle regole contrattuali o alle organizzazioni sindacali e mai alla scarsa fantasia e creatività degli imprenditori o alla loro mancanza di investimenti nell’innovazione!  
Sembra che una sorta di “anoressia scientifica” (e qui il termine “scientifica” va letto nel doppio senso di una inappetenza dell’oggetto “scienza” ma anche di una inappetenza e insensibilità ben consolidata, metodica e sistematica!) pervada a ogni livello questo nostro paese! Non solo studenti ma anche i loro genitori o insegnanti o politici o imprenditori o osservatori o educatori o religiosi o giornalisti….ecc., rivelano una ingiustificabile, anacronistica e inconsapevole ignoranza scientifica. Sì, quasi tutti hanno studiato “scienze” a scuola (dove tra l’altro non hanno sentito quasi mai parlare degli sviluppi delle scienze contemporanee: dalle geometrie non euclidee alle rivoluzioni della fisica iniziate dai primi 30 anni del novecento, dagli sviluppi della biologia molecolare all’elettronica fino alle neuroscienze, ecc.!). Sì, utilizzano pure, con abilità, quotidianamente, le applicazioni della scienza, riempiendosi la bocca di termini para-scientifici. E infine non trovano di meglio, quando devono giustificare una loro scelta o opzione, che ricorrere a presunti “dati scientifici”. Ma quello che manca è la cosa più importante perché si possa parlare di “cultura scientifica”.
Manca la coscienza del “senso” di ciò che è avvenuto. Manca la consapevolezza del cambiamento di mentalità che da quegli sviluppi è derivato. Manca la cognizione della novità radicale dei paradigmi e delle prospettive sulla realtà, che lo sviluppo contemporaneo delle teorie scientifiche e delle tecniche hanno generato e stanno generando! Una carenza, e un analfabetismo, che emerge nettamente, tra l’altro, sia nel linguaggio ancora “pre-moderno” che caratterizza i nostri “grandi discorsi”, sia nella modalità ormai inadeguata di descrivere fenomeni ed esperienze umane (sarà anche per questo che sembra spesso così difficile trovare soluzioni ai problemi?), sia negli schemi mentali antiquati e nelle visioni del mondo desuete che emergono attraverso discorsi, pubblicazioni, ragionamenti e comunicazioni pubbliche o private. Questo handicap di fondo spiega, forse, anche la difficoltà che incontrano oggi le “guide culturali, politiche, morali e religiose, nel tentativo di tradurre obiettivi, valori, idealità, nella logica dei nuovi paradigmi, che, per lo più inconsapevolmente già operano negli individui! Per cui oggi anche i cosiddetti “grandi discorsi” talora appaiono discorsi tra sordi!
 Allora che facciamo? Torniamo a scuola? Sì torniamo a scuola, ma non solo i ragazzi! Torniamoci tutti! Ricominciamo ad alfabetizzarci in scienze, e in scienza contemporanea! Evitiamo però di fermare la nostre conoscenze scientifiche all’800 o prima, non semplifichiamo e non degradiamo la scienza a semplice tecnica o astratta “dottrina”. Soprattutto evitiamo la pop-degradazione, come la chiama Morin (Scienza con coscienza, Angeli 1984), e cioè la tendenza così diffusa oggi a ridurre la teoria scientifica a due o tre formule scioccanti utili per la società dei consumi! Cerchiamo di conoscere e capire la scienza come logos, come paradigma, come prospettiva sulla realtà. Perché solo questa modalità di approccio può aiutarci a comprendere quello che sta cambiando, intorno a noi e nelle nostre teste!
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Ma a tale scopo dovremmo cambiare anche il tipo di domanda da porre difronte alle teorie scientifiche. Come dice Thomas Settle, storico della scienza, in una intervista apparsa su “Physics Education” (citata da Paola Falsini su www.educationdue.it del 30.07.2010) non si tratta di chiedere, come si è soliti fare: Qual è la risposta giusta?, ma piuttosto: Come ci siamo arrivati? Solo in questo modo l’educazione scientifica (per giovani ed adulti) assumerebbe anche quella dimensione formativa, che lascerebbe il segno, e che al presente, nella nostra tradizione scolastica, essa non sa fornire. In questo modo lo studio della scienza diventerebbe la conoscenza del “racconto” della scienza: il moderno “racconto” della realtà, con il quale non abbiamo ancora fatto i conti!
Una bella indicazione, utile anche in altri campi del sapere e della cultura!.

Amo la storia delle idee, la filosofia e la musica. Mi interessano i linguaggi, la comunicazione, i libri.

2 commenti

  • Anonimo

    Il rispetto della Scienza è venuto meno con la “morte” dell’imprenditore vero, inteso come colui che si realizza nella vita, mirando sì al guadagno legittimo; ma sfidando, secondo regole ferree, l’unico arbitro che egli riconosce: il mercato.Fino a qualche decennio fa, questo imprenditore – vero, (vero perché si inebria soprattutto della sfida, del rischio, più del denaro), per superare le sfide, che il Mercato gli proponeva, chiedeva proprio alla scienza e alla tecnologia l’aiuto, per nuove merci tecnologicamente avanzate, uniche e quindi vincenti, nel feroce mercato delle merci. Quindi era suo interesse chiedere alla Politica di intervenire, con fondi adeguati, affinché la Ricerca e la conseguente tecnologia gli preparassero gli strumenti per creare nuovi prodotti validi, appunto, vincenti.Ad un certo punto, invece, l’imprenditore ha perso il gusto della sfida, ma non del denaro.Allora, per continuare ad arricchirsi, si è rivolto non più alla Scienza, ma alla Finanza speculativa, cioè non a quella a cui chiedere finanziamenti finalizzati, appunto alla Ricerca, al rinnovamento tecnologico della Fabbrica, ma alla Finanza cosiddetta “creativa”, cinicamente attiva, cioè, nell’ accumulo di guadagno, basato su vendita a “cascata” non di merci, ma di debiti. In altre parole vendita di…”fumo!”.Su questa euforia di guadagno, rapido e senza rischi di “merci invendute”, s’è costruita , negli ultimi decenni, a livello mondiale, la Politica Economica degli Stati.I quali hanno visto nella Ricerca pura solo uno spreco di danaro, senza un utile economico a “brevissima scadenza” (magari, vedi l’Italia, con risultati da sbandierare in una Legislatura).La Scienza ha i suoi tempi! Il suo compito non è certo quello di rispondere ai desideri del Governo in carica, ma alla Storia.Così mi spiego, come negli anni, i nostri Governanti, si sono sempre più disinteressati a finanziare adeguatamente la Ricerca scientifica, impoverendo culturalmente i cittadini.Se guardiamo alla “Riforma? “ scolastica ultima, ci accorgiamo che gli indirizzi proposti sono soprattutto finalizzati al lavoro “pratico”, direi da “sopravvivenza fisica” dell’uomo. E la vita Spirituale, come la cibiamo? Con le merci?L’educazione “scientifica” del cittadino dovrebbe essere il primo fine di un Stato etico, per dargli consapevolezza di scelta e quindi di controllo “veramente” democratico del Governo del Paese.Ma si sa, l’unico avversario che il Politico teme veramente a ragione, è il Tecnico, lo Scienziato.Mario Rosario Celotto.

  • Anonimo

    Il post è interessante ma rischia di far cadere il lettore nella trappola, assolutamente da evitare, della dicotomia tra “le due culture”, con le conseguenti dotte e dottrinarie riflessioni, magari accompagnate da piagnistei o didascaliche rampogne. La scienza non può essere senza coscienza in quanto ogni apprendimento è immersione curiosa nella vita in divenire dell'universo dentro e fuori di noi. Oggi, purtroppo, le posizioni astrattamente dottrinarie non riguardano soltanto la scienza tout court, ma ogni approccio alla conoscenza. Da analfabeta intuitiva mi sento di riferirmi alle interconnessioni energetiche attive nell'universo come alla consapevolezza primaria che dobbiamo acquisire per superare il linguaggio pre-moderno che ci impedisce di comprendere a che punto siamo arrivati. A questa acquisizione si può giungere dopo aver fatto il punto sulle tappe fondamentali che riguardano la storia del metodo scientifico, ossia della sistemazione teorica delle procedure secondo le quali si dà la conoscenza della realtà. É fondamentale il passaggio dalla conoscenza basata sul principio d'autorità a quella basata sull'esperienza. Tale consapevolezza, per lo più assente, è indispensabile per ogni ambito disciplinare e per la stessa teoresi didattico pedagogica. La scoperta dei neuroni specchio è una conferma delle interconnessioni energetiche tra gli individui e del fatto che l'apprendimento è, per così dire, cinestetico. Ricordo che la scoperta dei neuroni specchio ha teorizzato che comprendiamo quel che avviene intorno a noi perché nel nostro cervello alcuni neuroni si attivano come se noi facessimo realmente quello che stiamo osservando, anche se non lo facciamo nella realtà. E a questo punto è molto suggestiva la riflessione sullo stretto rapporto tra materia energia e percezione. Ciò mi sembra tanto più suggestivo se pensiamo che l'energia che sprigioniamo “perturba” quanto è intorno a noi e non solo nelle immediate vicinanze. Credo che alla base dell'analfabetismo scientifico ci sia la mancanza di curiosità per la vita anche da parte dei dotti. Da qui deriva quell'atteggiamento passivo, ovvero quella “anoressia scientifica, metodica e sistematica” che lascia del tutto inattivi i destinatari di un processo di insegnamento. In altre parole si tratta di un'inerzia contagiosa. Devo concludere. Il post è interessante, ma, a mio avviso non centra la questione e rimane ancora su un piano “dottrinario” ed “erudito”. Spero che la discussione non si esaurisca in un “mea culpa!”, o in un “avevo ragione io a dire che bisogna studiare di più le materie scientifiche!” E, da parte mia, non aggiungo altro. Non potrei, altrimenti, fare altro che lamentarmi dell'analfabetismo logico linguistico a causa del quale per molti è impossibile anche la comprensione critica di questo post. Ahimè! Mi sono lamentata!

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