Il "grado zero" dell'etica

No, non vi aspettate la solita lamentosa litania sui misfatti di pubblici corruttori, truffatori o ladri, che sembra, ormai, non solo il prevalente oggetto di consumo culturale, ma l’unica forma espressiva negli incontri umani, dai dibattiti (?) televisivi ai discorsi di circostanza: anche quelli pronunciati, spesso con sussiego, nei saloni dei barbieri, davanti ai bar, nei supermercati, alle feste, nei treni o ai pranzi familiari. E, ahimè, come diventano poveri e miseri quei nostri quotidiani incontri umani, che pure dovrebbero dare sapore alle nostre giornate: e invece, ormai, sai già di cosa ti parlerà la prima persona che incontrerai, la mattina!

No, non abbiamo davvero bisogno di altra gente che stia a lamentarsi continuamente di come vanno le cose, ad inveire o censurare tutto e tutti. Piuttosto, avremmo soltanto bisogno di chi, con analisi non affrettate, ci aiutasse a capire quello che succede, e perché! E, soprattutto, qual è il ruolo che spetta a ognuno di noi.

Il grado zero dell’etica, di cui si parla qui, non è il prodotto dei fenomeni descritti da quelle stanche litanie, ma ha a che fare con qualcosa di molto più profondo e preoccupante! Infatti, la sensibilità etica non viene azzerata prevalentemente da quei comportamenti aberranti. Non lo è mai stata, in passato. La questione vera è un’altra. Il rischio del grado zero riguarda ogni cittadino, ognuno di noi.

Il grado zero dell’etica è, in realtà, il vero rischio di oggi: nell’età della comunicazione e dello spettacolo. Poiché, in tutti i discorsi – che, in un modo o nell’altro, tutti fanno sull’etica, – si fa strada, in modo palese, uno spostamento del potere dalla parte del “significante“, che appare sempre più un segno “vuoto”, senza connessione con un “significato” sostanziale e condiviso. Insomma, il rischio è che la parola “etica” diventi solo un “simbolo“, qualcosa che sta per qualcos’altro, che non si sa bene cosa sia di preciso, e che, anzi, sembra anche poco importante. In questo caso, l’etica diventa solo una specie di bandiera, o come le “magliette” indossate dai giocatori di una squadra o dai tifosi, il cui scopo non è quello di significare qualcosa, ma solo quello di distinguersi da altri tifosi o dai giocatori di un’altra squadra. Come accade nella lingua e nel discorso, in cui il ruolo del “significante” èpuramente formale o strutturale. Insomma, l’etica semplice “significante”, semplice medium, senza più contenuto, come una mazza o una lancia, brandite in virtuali battaglie umane, come nei giochi di ruolo: il grado zero dell’etica.
Il rischio è che, alla fine, non resti che stare lì a guardarla, ormai inservibilel’etica – mentre, rammaricati, come il vecchio e saggio Simonide, dovremo constatare:

“Vecchia oramai la punta di bronzo,
sei tutta consunta,
troppo brandita in rovinose guerre”. 

Diagnosi esagerata? Ma, allora, come è possibile che tante battaglie etiche, infuocate, indignate e urlate, nel foro pubblico, possano stare insieme, nel privato di molti di noi “combattenti”, con un sottofondo silente costituito, non solo, dalle solite raccomandazioni a proprio favore e dalle gomitate a spese degli altri, ma anche da una dilagante indifferenza verso l’estraneo, dall‘assopimentonel proprio benessere e dalla tutela del profitto, a garanzia dei quali si invoca ossessivamente lordine?

Le continue, incessanti e popolaribattaglie etiche spingerebbero a pensare che ci stiamo avviando verso una società che, tutta, ha finalmente a cuore i valori umani più elevati! E allora, come è possibile che queste battaglie per l’etica – degli altri! – riescano a convivere con il tacito disprezzo della vita, lì dove essa è più fragile e in pericolo e ha bisogno di cura, di solidarietà e di giustizia? Come è possibile che le proteste etiche si sposino con la logica dell’egocentrismoe della spietatezza che, radicati nel dispositivo dell’attuale economia globalizzata, sembrano occupare, silenziosi e inavvertiti, il pensiero e il sentimento quotidiani di sempre più persone?

Come è possibile se non ipotizzando che “etica” stia diventando solo un “significante” vuoto, nel mercato dei segni?

Amo la storia delle idee, la filosofia e la musica. Mi interessano i linguaggi, la comunicazione, i libri.

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