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Parliamo tutti sotto dettatura?
È vero, “il linguaggio non va preso troppo alla lettera” (W. Heisenberg). Ma che succede quando si ammala? Che succede quando la malattia del linguaggio diventa “mostruosa” e si diffonde con la velocità delle pandemie? Che succede quando il linguaggio “si è talmente autonomizzato da diventare una forza a sé, che ci trascina dove non vogliamo veramente andare”, invece di fungere da docile strumento delle nostre intenzioni, come scrive Rocco Ronchi sulla scia del giovane Nietzsche (Rocco Ronchi, La malattia mostruosa, in Uwe Pörksen, Parole di plastica, Textus))? In realtà, nota il linguista Uwe Pörksen nel suo libro ancora attuale e prezioso, una piccola serie di parole o termini in apparenza…
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Incontri traumatici e condizione umana
Se diamo una rapida scorsa alla storia umana, ci accorgiamo che è stato sempre molto arduo dare senso alle esperienze traumatiche che si sono susseguite nella vita degli individui e delle società. È stato sempre arduo, radicalmente arduo. E non solo quando non si disponeva di sufficienti strumenti di analisi e diagnosi. Rimane difficile anche oggi, per noi, con tutta la nostra scienza e tecnologia. È arduo perché, nonostante i nostri incredibili progressi, “la vita rimane il regno del non lineare, la vita è il regno dell’autonomia del tempo”, come diceva Ilya Prigogine, premio Nobel per la termodinamica. E, a suo parere, infatti, proprio la lezione della termodinamica è che “non possiamo…
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La chiave del divenire
Forse vivere è divenire e divenire non è altro che incontrare. E se fosse proprio così? Se fosse vero che ogni incontro è essenzialmente un divenire? Se fosse vero che solo gli incontri possono costituire il nostro divenire, il nostro “divenire qualcosa”? Se fosse vero che solo attraverso gli incontri possiamo inseguire la chiave segreta della vita? Se fosse vero che tutte le domande della nostra vita, quelle che contano veramente, le possiamo costruire solo con i pezzi e i frammenti, accolti o rubati da qualsiasi parte durante il nostro cammino? Questo, perché il nostro divenire, il nostro “puro divenire“, non tanto il divenire questo o quello, ma il divenire che…
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Che significa essere vivi?
Forse occorrerebbe riconoscere, una buona volta, che non esiste un’arte del vivere che si possa imparare, né tanto meno insegnare. L’ educazione e la formazione stessa, possono servire forse solo ad accompagnare per un tratto “fuori dai confini noti” (non è forse anche questo il senso di e-ducere ?) gli individui, in attesa che eventualmente “accada” loro di intravvedere in parte la propria strada. E a tal fine offrire al massimo una sorta di “cassetta degli attrezzi”, utile durante un cammino non programmabile. Senza dimenticare, d’altra parte, l’insolubile dilemma insito in tutti i processi formativi ed educativi, i quali mentre dovrebbero far emergere l’unicità di ogni educando, non fanno altro…
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"Si sta come d'autunno…"
Strano destino, quello del “destino” di tutti i viventi, cioè la morte. Strano destino: perché anche il suo nome, tra noi umani, è sempre nascosto, in un modo o nell’altro. È vero che, recentemente, a quanto sembra, nei media l’immagine più rappresentata è quella dei cadaveri, ma anche tale accentuata spettacolarizzazione della morte diventa una forma di oscuramento della stessa: perché la si tiene a distanza e la si accosta prevalentemente in contesti straordinari, accidentali e particolarmente violenti e cruenti. Quella che viene rappresentata infatti non è la morte di ognuno di noi. Strano destino, quello della “sora nostra morte corporale”, che viene per lo più, rimossa, come avviene sempre…