Alla ricerca del piacere perduto….

Sembra paradossale parlare oggi di ricerca del piacere!  “Piacere” infatti è senz’altro una di quelle parole oggi più inflazionate (o abusate, come “amore”), a tal punto che il loro significato va quasi sbiadendosi, come i colori nei giorni di nebbia! Inoltre appare scontato parlare oggi di ricerca del piacere, dal momento che quest’ultima sembra l’occupazione quotidiana di chiunque.
Tuttavia se veramente la gente cercasse il piacere dalle cose e dalle esperienze della vita forse tutto sarebbe diverso! Se invece di essere intenti a possedere, controllare o consumare ogni cosa, persona o esperienza, cercasse di “goderne”; se non considerasse “piacere” l’affannosa rincorsa di semplici “stimoli”, nel vano tentativo di fuggire la paura della vita, esorcizzando la morte e la finitezza, allora si che si potrebbe parlare di piacere!
 Ma per questo occorrerebbe imparare il coraggio e la bellezza, ma anche il distacco e l’abbandono!
Saremmo però capaci, in tal modo, anche noi “persone comuni” di creare la nostra vita bella! Ma dovremmo, per questo, “mettere a fuoco e fiamme il grigiore del lavoro quotidiano con l’arte del vivere” (K. Miyazawa). Ecco uno dei nomi del “piacere”: l’arte del vivere. E l’arte del vivere forse è semplicemente questo: “un’espressione del sentimento cosmico attraverso la Terra e i suoi prodotti, attraverso le persone e le loro attività, e attraverso la nostra individualità” (K. Miyazawa).
Ma forse abbiamo perso “il filo! E allora, invece di stare a disquisire su cosa siano la bellezza e il piacere del vivere, forse sarebbe più utile domandarsi e cercare quali siano le esperienze belle che si sono fatte. Perché un probabile esito di questa domanda potrebbe essere la consapevolezza che la bellezza è più semplice di quanto si pensi, e condivisibile.
 Ecco il segreto: condivisione, diventare amici del creato, saper gioire del creato e delle cose, gioire con il creato, gioire insieme! Infatti, quando, la bellezza e l’arte del vivere, andarono perduti in Occidente? Risponde Otto Rank, quando si perdette il cosmo e quando, a causa di questa perdita, siamo diventati tutti nevrotici. E siamo anche diventati vittime consenzienti degli sforzi della società consumistica di venderci surrogati della vera bellezza e del vero piacere.
Siamo capaci di arrivare a una comunione con ciò che amiamo e di cui godiamo? O tutto è solo qualcosa che “consumiamo in attesa di altro, del nuovo?
Il piacere, in realtà, non emerge facilmente in una società inondata dalla mentalità consumistica.  Il piacere è ciò che “piace fare” ma dovrebbe trattarsi di qualcosa che piace veramente e non soltanto di qualcosa che stimola soltanto, come spesso si immagina e si vive il piacere.
In fondo il piacere è già una esperienza fondamentale, spirituale, profonda e nascosta nelle nostre vite! Si tratta di “ritrovarlo”!
Cominciando con il convincerci che il piacere è soprattutto l’arte dell’assaporare. Perciò è possibile sperimentarlo anche con le piccole cose, le relazioni quotidiane o le esperienze normali della vita di ognuno! La vita ha bisogno, per essere vissuta e goduta, di gente che sappia assaporare più che di collezionisti o catalogatori!
Se noi umani assaporassimo di più forse – come scrive M. Foxcompreremmo meno. Saremmo meno insoddisfatti e compulsivi. Beh!, forse lavoreremmo di meno e giocheremmo di più, aprendo così magari delle altre possibilità di lavoro per gli altri.
Se sapessimo assaporare di più forse saremmo capaci di comunicare più a fondo, avremmo delle relazioni più integrali e autentiche, saremmo meno competitivi e più capaci di fare festa, quella vera, non quella fatta di chiasso, pura evasione e stordimento!
Forse saremmo più capaci di relazioni con noi stessi, con la nostra storia, con il nostro passato, con le nostre colpe e i nostri fallimenti.
Certo, spesso, soprattutto nelle situazioni difficili, servirà pure coraggio! E allora la parola chiave diventerà “paradosso”. Come un folle, occorrerà lasciare da parte la logica e saper scegliere entrambi i corni di un dilemma! (Ken Feit)
Ma c’è alternativa tra piacere o controllo e arroganza? “Di norma, erano quelli che odiavano il piacere a diventare ingiusti” (W. H. Auden). E allora, siccome può essere che, in definitiva, “solo l’amore per la vita stia tra noi e la tragedia, non possiamo certo permetterci di scartare nessuna delle sue manifestazioni”. (J. Schell)
Forse, se fossimo – ma veramente! –  tanto amanti della vita saremmo più capaci anche di indignarci profondamente contro tutto ciò che fa crescere morte e sofferenza.
E, nello stesso tempo, saremmo capaci di “prenderci del tempo” per imparare anche l’umano piacere dell’attesa!

Amo la storia delle idee, la filosofia e la musica. Mi interessano i linguaggi, la comunicazione, i libri.

3 commenti

  • Anonimo

    I mezzi trasformati in fini. La capacità di “essere” surrogata dalla scorciatoia dell' “avere”. Il consumo, coi suoi tempi e i suoi spazi, sostituito dalla compulsione del consumismo. L' “io” che crede di decidere la sequenza dei possessi e si illude di esistere mentre si frantuma nei suoi “possedimenti”. Fermate il mondo, voglio scendere!

  • Anonimo

    “ Piacere:… Attività mentale! ”Quando ero piccolo, anni ‘50, giocare a fare i cow-boys era un’attività, soprattutto, mentale.Ci si immaginava a cavallo di un cavallo immaginario e, dandoci delle pacche sul sedere, con la mano destra, si fingeva di galoppare per la “prateria”: il giardino della villa del ‘700, in cui ho avuto la fortuna di nascere, ad Ercolano.Il gioco si sviluppava, tutto, nella mente, dilatando all’infinito l’immaginazione di un bambino.Ma la cosa più importante e più ardua per l’immaginazione, era la “costruzione” materiale dell’attrezzatura per giocare.Allora, la mia pistola era “costruita ” con un pezzo di legno sagomato, dalla natura, a forma di “pistola” (o quasi).Il “làzo” era fatto con una serie di pezzi di spago annotati tra loro e messi ad arma-collo.Il cappello era un vecchio cappello di mio padre, accuratamente, deformato.Potrei continuare; ma penso di aver dato l’idea di come si “inventavano” i giocattoli e i giochi negli anni della mia infanzia.Dal Boom economico in poi, anni ’60, non abbiamo avuto più bisogno di “costruirci” i giocattoli; la neonata Industria (anche dei giocattoli) ce li ha dati già belli e pronti, imitazione perfetta di pistole, fucili; addirittura funzionanti con proiettili di gomma o soltanto col “botto”.Il Capitalismo aveva trovato una nuova immensa “dimensione”, la dimensione del Piacere, del Gioco, da invadere con i suoi prodotti, inventando, innanzitutto, le premesse per il loro uso: I giochi, i piaceri!Oggi, il gioco, il piacere è di Massa; si acquista già confezionato, uguale per tutti.Anzi, non è “Piacere” se non è di MODA!Se, poi, ci accorgiamo che ciò che ci viene propinato dalla moda ci lascia, dopo averlo consumato, una tristezza ancora più “solitaria” di quella da cui volevamo fuggire, giocando, ci dicono che la colpa è nostra: Non sappiamo giocare, non sappiamo goderci la Vita (quella artificiale, che il cinismo industriale ci costruisce, a “buon prezzo”).Allora, riappropriamoci della nostra fantasia e, osservando, semplicemente, l’ Universo che ci circonda, inventiamoci i piaceri, i giochi, a modo nostro e costruiamoci gli “attrezzi” che ci occorrono, per riacquistare l’equilibrio mente-corpo, che, inconsapevolmente, quel bambino del ’51, aveva raggiunto e…goduto.Mario Rosario Celotto

  • Anonimo

    “la bellezza è più semplice di quanto si pensi, e condivisibile”.Mi fa “piacere” postare qui una “nuga”, di un “piacevole” momento di qualche giorno fa. 🙂 Io ho un sogno. Il sogno di dir senza parole. Il sogno di uno sguardo musicale. Di note commoventi e luminose. Di toni grevi misti ai più elevati. È quando si consuma la materia e brucia svelto il fuoco della vita.Lo sguardo coglie l'erba il fiore il cielo quel ramo che si staglia nell'azzurro. Un volo lieve frulla infondo al cuore. Insegue il tempo e lo ferma ad ora. Non è racconto è la traduzionein puro suono di quanto vive ancorché si dica “fu”. “De la musique avant toute chose”!La musica avviene e diviene. E quando tace è il giorno che tramontacedendo lieve alla notte stellata.

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