Elogio dei “dilettanti veri” e dei “principianti”!
Avete mai pensato all’associazione tra “essere dilettante” e il “dilettarsi”, o il giocare? O all’associazione tra il “dilettarsi”, il “dilettante” e il vero “sapere”? Associare dilettanti con “poco esperti” o addirittura “incompetenti” sembra quasi ovvio! Associare sapere con dilettante pare “innaturale”! Lo era anche per me, lo era… Ma le sottili, inconsuete, considerazioni di una amica mi hanno fatto cambiare idea, mi hanno costretto a guardare in un altro modo, con un “altro sguardo”, la cosa.
Quelle considerazioni mi hanno costretto, in pratica, a rinnovare l’esperienza dell’ “imparare”! E, in effetti, che cos’è imparare se non apprendere a guardare “in altro modo”? La mia amica invertiva l’ordine usuale delle cose, la gerarchia “normale” tra l’essere “esperti” e l’essere “dilettanti”. Non accettava per sé la, meritata, qualifica di esperta, preferendo quella di “vera dilettante”. Non elogiava ma denunciava il fatto che gli “esperti” sembrano sapere sempre già tutto (Socrate avrebbe detto: “credono” di sapere). E quindi annoiano ripetendo, senza fantasia, le loro convinzioni e le loro verità. Perciò “invecchiano” presto, senza accorgersene. In realtà è vero che chi “si ritiene esperto” è meno disposto ad imparare, è meno aperto al nuovo, alle rivoluzioni di prospettiva, ai cambiamenti di “paradigma”, e quindi in fondo è meno aperto alla fantasia e al “piacere” di “vivere”! Non è forse vero, infatti, che solo chi è in grado di “giocare” con il sapere, di “dilettarsi” con la curiosità della conoscenza e della scoperta; solo chi è in grado di pensare il sapere come un “assaporare” continuo, più che come un “possedere”; solo chi lo vive come un continuo “inizio”; solo chi si considera sempre agli inizi, proprio come un “dilettante” vero (che è cosa diversa dal superficiale e dall’approssimativo!), solo un “principiante“ “sa” davvero cosa significa scoprire, imparare e crescere? Non è forse vero che solo chi vive così “sa”, perché lo ha assaporato, cosa è la vita?
E se ricordiamo quanto diceva Kant, secondo cui la facoltà di “iniziare da sé” uno stato, cioè il sapere iniziare, è l’essenza della libertà, cogliamo anche una connessione inscindibile tra vera conoscenza, vero sapere e vera libertà. Perché, come ha scritto, una volta, Eberhard Jungel, solo un “principiante genuino” è davvero libero! Capiamo così anche perché il vero sapere non può non essere rivoluzionario! Qui è la “responsabilità” del sapere (e, di questi tempi, nella nostra Italia, dove assistiamo anche a un uso “truffaldino” e “infamante” di parole “sacre” come libertà, responsabilità, ecc., è il caso di ri-scoprire e riappropriarsi del senso “umano” di quelle parole!).
La responsabilità del sapere non si identifica nel compito di “conservare” né la propria “innocenza”, né la reputazione, né la personalità, né i poteri esistenti, né le istituzioni, tanto meno il denaro. La sua responsabilità genuina consiste nel favorire non la conservazione ma l’espansione della libertà come capacità di “iniziare”, di dare avvio a uno stato di cose nuovo. Il suo unico compito consiste nella “liberazione”, nella libertà “liberatrice”, nella capacità di trasformare in veri “principianti” gli esseri umani.
Forse le soluzioni ai problemi di questi nostri tempi dovremo aspettarli dalla fantasia, dal desiderio e dal piacere dei “dilettanti veri” e dei “principianti”?
3 commenti
Anonimo
Questo post è un invito al “piacere”, al “diletto” dell' “inizio”, e non senza “mistero”. Sono sempre affascinata dal miracolo delle associazioni verbali, dal loro senso profondo che si rinnova col sentimento autentico delle cose. Quando ci si cerca con sentimento il senso della vita, allora le parole esprimono vitalità. E il punto è proprio questo: vivere autenticamente, abbandonando le soffocanti mediazioni cerebrali. E allora è possibile intraprendere una “iniziazione” al “mistero” che si rinnova continuamente. “Iniziazione” – “entusiasmo” – “amore” sono il sale della vita. Ogni istante è un “gioco” che comincia”. Siamo tutti “dilettanti” in questo gioco. E l' “iniziazione” è l'ingresso al “gioco” della vita. Del resto anche L' “experiri”, se si considera bene, è un “fare la prova”, “un imparare a conoscere”e, dunque, l'expertus, è “colui che ha provato” ed ha appreso che l'experientia continua all'infinito e che il bello è proprio questo. Mi viene in mente ora “La favola dei suoni” di Galilei. Il grande “sperimentatore” ci narra di un uomo che si “dilettava” del canto degli uccelli, e, non conoscendo altri suoni, pensava di essere un esperto in questo campo. In seguito, avendo scoperto la vasta gamma degli strumenti musicali e i suoni innumerevoli degli insetti , volle diventare esperto di tutte le modalità di emissione sonora. Quando poi un giorno si accinse a studiare donde e come si producesse il canto della cicala, siccome non riusciva a scoprirlo, finì con l'ucciderla. Da quel momento a chi lo invocava come “esperto” “generosamente rispondeva di sapere alcuni modi, ma che teneva per fermo potervene essere cento altri incogniti ed inopinabili”. Orsù dunque…experiamur, delectantes, magno cum gaudio…:)
Anonimo
Qualche volta mi capita di osservare le mie nipotine di pochi anni, con uno sguardo che non è più quello un po' ansioso del genitore che si sente investito della missione di educare i figli e non è neppure quello dell'insegnante che si sente investito della missione di far crescere i propri allievi in modo che siano all'altezza delle sfide della vita, ma è solo quello curioso e un po' incantato di chi (ormai sul viale del tramonto) cerca di vedere come andrà a finire. Ecco, allora mi sembra di capire il discorso di Pino, mentre le bimbe ricreano la loro esperienza del mondo “giocando” con i materiali che hanno (o che qualcuno ha lasciato loro) a disposizione.
Anonimo
Ho solo un dubbio molto pragmatico in cui mi arrovello ogni giorno. Come combinare la continua autocritica a cui è giusto sottoporsi nel tenativo di diventare “dilettanti veri”, con la rapidità di esecuzione che quotidiamente ti viene imposta e pretesa?