Un sistema immunitario integrato
Co-immunità è il termine chiave per dare senso a tutte le storie politiche e sociali di successo di popoli, gruppi e individui, sosteneva Peter Sloterdijk, uno dei più influenti e originali pensatori contemporanei, di fronte al Senato della Repubblica francese, alcuni anni fa.
Su qualche snodo di quell’intervento (Imperativo assoluto e imperativo categorico, ora in Dopo Dio, Raffaello Cortina) vorrei riflettere a partire dalla condizione in cui ci troviamo oggi. L’intento dell’autore era rispondere alla domanda: come affrontare il drammatico acuirsi dei pericoli che incombono sull’attuale processo del mondo?
Ad alcune argomentazioni, lì svolte, noi, oggi, forse siamo in grado di dare un significato più intenso, se non altro perché il linguaggio e le categorie utilizzati da Sloterdijk, fanno parte ormai di un vocabolario per noi fin troppo tristemente familiare,
La nostra epoca appare a Peter Sloterdiijk come un’epoca della paura e, per ciò stesso, del disorientamento, in ogni campo dell’esperienza umana.
E tuttavia, non sarebbe possibile nessun serio approccio alle incertezze del tempo presente, senza la decisione di cominciare a pensare al mondo in quanto “totalità”.
L’irreversibile accelerazione dei processi, tecnici e sociali contemporanei, pensa il nostro autore, ci ha spinti in una situazione del tutto nuova.
Mentre finora, per gran parte dell’apprendimento umano sembrava valere la legge secondo cui «solo sbagliando s’impara», ora l’intelligenza deve invece imparare prima di sbagliare. Deve imparare prima che sia tardi.
Per fortuna, nota Sloterdijk, l’uomo sembra disporre di una forma di “intelligenza prognostica”, in grado di attivarsi proprio nello spazio minuscolo tra «tardi» e «troppo tardi».(P.Sloterdijk, Cosa è successo nel xx secolo).
“L’attuale condizione del mondo, affermava, nella citata conferenza, Peter Sloterdijk, è evidentemente determinata dal fatto di non offrire ai membri della ‘società mondiale‘ una co-immunità efficiente“. E noi, nella tempesta della pandemia, siamo forse in grado di sperimentare sulla nostra pelle in modo davvero drammatico quella carenza di co-immunità.
“Le culture o i popoli possono affermarsi nel flusso del tempo, solo se spingono i singoli a capire che le loro immunità private possono essere ottenute solo nel contesto di una co-immunità sociale [e universale] efficace“. E, di conseguenza, solo se anche i singoli, come le istituzioni, i gruppi e i popoli, imparano ad agire come ‘attori‘ della propria cultura e della storia a cui appartengono.
Ma il momento per agire è ora!
Sì, perché ora abbiamo compreso qualcosa di nuovo e fondamentale.
Infatti, l’imperativo che abbiamo di fronte oggi, è diverso, sottolinea Sloterdijk, sia dall’imperativo categorico liberale kantiano, sia da quello categorico sociale marxiano. Quegli imperativi, infatti, erano pensati per un mondo in cui, in linea di principio, si sapeva sempre cosa bisognava fare, e per il resto si poteva attendere che le circostanze fossero mature. Oggi non è più così. Nel nostro mondo attuale, “nel mondo della preoccupazione ecologica, ci sono scadenze poste da processi fisici esterni, ci ricorda Peter Sloterdijk, dove vige la legge dell’irreversibilità”. Diversamente da ciò che è di solito avvenuto nella storia umana, quando era possibile rimediare a ciò che, fino ad allora, era andato male, “il tempo presente, il tempo dell’imperativo ecologico, è quello dell’impossibilità di affidarsi alla procrastinazione“.
Le nuove urgenze poste da “processi fisici esterni“, con i quali ci stiamo oggi scontrando in un modo impensabile finora, ci costringono a un nuovo genere di “agire responsabile” a livello globale, e a un nuovo concetto di solidarietà concreta con implicazioni universali.
Ecco perché Sloterdijk, nella su citata conferenza di fronte al Senato delle Repubblica francese, insisteva sul concetto di co-immunità. Per lui – che qui riprendeva alcuni snodi presenti nella sua poderosa opera fondamentale Sfere (Raffaello Cortina ed,) – si tratta di ripensare il concetto di sistema immunitario, attraverso la formulazione di una “immunologia sistemica universale“.
Le sue argomentazioni partono dall’assioma, secondo cui “la vita è la fase di successo di un sistema immunitario”. Ma, quando parliamo di “vita“, nel nostro contesto umano, non possiamo riferirci esclusivamente agli organismi biologici, bensì anche all’esistenza storica di culture, popoli e istituzioni.
Perciò quando si parla di immunologia, nel caso degli esseri umani, dobbiamo “fare i conti” con l’esistenza di tre livelli sincronizzati dei sistemi immunitari: i sistemi immunitari a livello biologico, che difendono i singoli organismi da invasioni specie-specifiche e da ferite; i sistemi immunitari sociali-giuridici, che forniscono procedure di compensazione per l’ingiustizia; e, infine, nella maggior parte delle culture, anche i sistemi immunitari a livello simbolico e religioso, che attraverso atti linguistici e rituali, legati al piano della generalizzazione simbolica, scrive Sloterdijk, “conferiscono significato alla sofferenza, alla morte e al caos”.
Del resto, anche noi, nel mezzo dei problemi sollevati dalla pandemia, ci stiamo rendendo conto che non è sufficiente perseguire solo un’immunità biologica per consentirci di ricostruire e di vivere una esistenza “normale”. C’è una dimensione sociale-interpersonale, una dimensione economica e anche una dimensione morale-spirituale, che sono fondamentali, come e, a volte, più della sopravvivenza biologica.
Anzi, così come è certo che, in una pandemia, nessuno si salva da solo, è altrettanto vero, che nessuna immunizzazione è efficace se riguarda solo il piano biologico o sanitario.
Ecco perché Sloterdijk parla di co-immunità. Ecco perché parla della necessità di un sistema immunitario universale.
Egli indica chiaramente in quale prospettiva occorre porsi per affrontare i problemi attuali, quando, nella citata conferenza, dice che “la deriva catastrofica del processo globale rende oggi necessario riflettere sulla creazione di una unità di solidarietà comprensiva che sia sufficientemente forte da fungere da sistema immunitario per il tutto indifeso – un tutto indifeso che chiamiamo natura, Terra, atmosfera, biosfera e antroposfera“.
Un tutto, la cui difesa implica un’opera faticosa, che “richiede a ciascuno di noi di essere il più impaziente possibile e, allo stesso tempo, di avere tutta la pazienza necessaria”.
Un commento
Anonimo
Complimenti per l'eleganza e per la lucida argomentazione!