Guardare il mondo dall’alto
Guardare il mondo dall’alto, mi pare, oggi, una urgenza per chiunque voglia decifrare quello che accade, e “ci” accade, in un mondo diversificato ma anche interconnesso e veloce,
Guardare il mondo dall’alto, cioè superare i confini della propria prospettiva immediata per comprendere interconnessioni, dinamiche e sfide che vanno oltre il contesto locale o nazionale.
Non possiamo esimerci dall’adottare un’ottica globale e una visione strategica, e quindi cercare e privilegiare un’informazione internazionale , se siamo consapevoli che gran parte dei problemi attuali, dal cambiamento climatico alle crisi economiche, dalle pandemie ai conflitti, dagli squilibri sociali alla “povertà educativa” sono intrinsecamente globali.
Possiamo davvero credere che oggi ognuno sia in grado di capire la portata e gli effetti, anche personali e soggettivi, di quei problemi, senza assumere una prospettiva ampia, sul piano dello spazio (geografia) e del tempo (storia)?
Certo, dobbiamo anche riconoscere che, paradossalmente, nella nostra “età dell’informazione”, l’individuo non è aiutato ad assumere una prospettiva globale, né a cercare gli strumenti per conseguirla.
Siamo investiti da una infinità di “notizie”, spesso inattendibili e del tutto inaffidabili, e tuttavia presentati dai media come “dati“.
Inoltre, ci troviamo spesso di fronte o a fake news ripetute insistentemente perché possano sembrare vere, o a carenza di etica professionale di organi di informazione per nulla interessati a dichiarare o verificare l’attendibilità delle proprie fonti, o, infine, a quella strana guerra ibrida – resa oggi più efficace dai social – per cui si rende invisibile la verità delle cose moltiplicando e mescolando, in modo sistemico, il profluvio di mezze verità, apparenti verità e menzogne.
Sembra quasi impossibile oggi informarsi sul reale stato delle cose!
Invece, mai come oggi, avremmo un assoluto bisogno di valutare, in ogni caso, l’affidabilità delle fonti, la presenza di bias e la completezza delle informazioni. Abbiamo bisogno di cercare strumenti per verificare i fatti e prospettive multiple e diversificate sullo stesso evento. Diversamente, dobbiamo riconoscerlo, le nostre, saranno solo “chiacchiere da bar”.
È facile capire che non è più possibile affidarsi a un’unica – o a limitate – fonti di notizie. Un effettivo sguardo sul mondo dall’alto, avrebbe bisogno, per cominciare, di reperire informazioni anche da media internazionali autorevoli, agenzie di stampa globali, di cui sia riconosciuta l’affidabilità, la disponibilità di mezzi necessari, l’indipendenza e la libertà.
Tutto questo, oggi, ci riesce difficile. Soprattutto perché esiste una strana tendenza, in diversi organi di informazione, a fidelizzare lettori o ascoltatori, che talora sembra prevalere sul compito di informare. Addirittura, alcuni organi di informazione paiono interessati a creare legami di appartenenza emotivi, simili a quelli esistenti in alcune comunità religiose o sette, tra sé e i loro lettori, ascoltatori o abbonati, fino a trasformarli in in una sorta di “discepoli”.
Ma, ciò che forse ci rende più difficile guardare il mondo dall’alto e assumere una prospettiva ampia e globale, è anche un tipo di “handicap epistemologico”, che condiziona gravemente noi umani, nell’approccio al reale.
Si tratta dell’apparente impossibilità di ognuno di noi di intravedere il “tempo grande”, quello che Calvino ritrovava in Michail Bachtin, quando scriveva che il suo (di Bachtin) tempo è il «tempo grande» che affonda le sue radici in un antico passato «di soggetti, di voci, di sguardi sul mondo» e che si protende verso un futuro (Italo Calvino,Lezioni americane).
Purtroppo. senza questa abilità prospettica relativa al tempo (storia) e allo spazio (geografia), senza lo sguardo sul mondo dall’alto, siamo condannati a un tipo di informazione che tradisce la sua natura trasformandosi in una sorta di mitologia, una “mitologia contemporanea“.
Infatti, è facile verificare oggi come i racconti persistenti della stampa e dell’insieme dell’informazionedi massa, mitizzino la realtà presente, quella che abbiamo davanti agli occhi, adesso, hic et nunc.
In tal modo, l’informazione, diventa solo produzione di grandi o piccole leggende o racconti o narrazioni. Pronta ad assumerecome unico oggetto d’interesse, e di analisi “approfondite”, l’ultimo caso “offerto”, chissà da chi e perché. (Violette Naville-Morin, L’écriture de presse).
Ci siamo ridotti, tutti, a muoverci e a ragionare solo in un orizzonte di brevissimo termine?
Dovremmo forse considerare una specie di “ultima illusione” l’idea che l’informazione, (via stampa, tv, nuovi media) possa essere una via d’accesso al reale?
Un commento
Luigi Vassallo
Per non naufragare nell’ oceano delle informazioni quantitativamente e qualitativamente disparate che ci attornia, è indispensabile mettere una distanza tra noi e quest’ oceano. Insomma una sorta di otium ciceroniano che non significava né significa pensare al proprio “particulare” quanto, piuttosto, attivare un salutare spazio per la riflessione, che, lungi dall’ essere snobistico rifiuto del negotium (cioè dell’ impegno nella quotidianità della polis), ci consente di prepararci proprio a questo negotium.