La manutenzione dell’amore
Una volta, una mia amica, lucida e pragmatica – come dicono si debba essere di questi tempi! – mi ha detto che sta a ognuno di noi far vivere e crescere l’amore. Avevo quasi l’impressione che lei considerasse l’amore un ambito soggetto alla nostra capacità di controllo e pianificazione, come se anche l’amore rientrasse nella nostra disponibilità, come tanti altri aspetti della vita e del mondo. Ma è davvero questa la nostra condizione?
Ebbene, anche se devo confessare che gran parte di quello che so sulle relazioni umane l’ho imparato dalle donne, quella volta si è formata in me una sorta di barriera cognitiva che mi impediva qualunque disponibilità all’apprendimento. C’era qualcosa che per me non andava in quell’idea.
Infatti, anche se oggi siamo così immersi nella realtà virtuale, nella “fiction”, da pensare che tutto sia possibile e realizzabile; e anche se, resi maghi dall’ “on demand”, possiamo inventare il nostro personale “palinsesto” virtuale; non mi pare che possiamo, per questo, smettere di distinguere ciò che è possibile mediaticamenteda quello che è indisponibile nella vita!
È proprio vero che la “società dello spettacolo” ci ha trasformati in bambini, convinti della propria “onnipotenza” e della infallibilità del proprio desiderio! E’ vero che l’uomo fa la storia, ma sarebbe bene non rendersi ridicoli, scriveva Nietzsche, immaginandosi al posto degli antichi dei. Sarebbe bene imparare a riconoscere il carattere opaco e per nulla programmabile di molti aspetti della realtà e dell’esistenza umana! E l’amore è senz’altro il primo di questi.
Certo, se per amore s’intende il “voler bene”, volere il bene degli altri, si può parlare di qualcosa che forse può essere, in parte, frutto della nostra volontà o disposizione d’animo. Certo, se ci si riferisce all’attrazione, alla passione o alla stima, si può pensare che si tratti di cose che possono crescere come anche diminuire. Certo, se ci si riferisce a una “relazione”, si può immaginare che si possa fare qualcosa per salvaguardarla o ridurne l’instabilità. E così via. In queste e in altre esperienze, come gli affetti e l’amicizia, sono possibili livelli o sfumature, ma, anche se si accompagnano di solito alle relazioni d’amore, queste esperienze sono altra cosa rispetto all’amore. Tanto è vero che potrebbero esserci, anche se non ci fosse amore. E spesso succede: come quando l’amore è, o diventa, solo attrazione, “relazione”, convivenza, tenera amicizia, ecc.
Tuttavia, se parliamo di amore, cioè quel complesso di emozioni sentimenti e anche pensieri per cui l’altra/o diventa qualcosa senza la quale la pienezza della propria vita sembra non poter esser pensata, allora siamo difronte a qualcosa d’indisponibile e di non pianificabile. Perché abbiamo a che fare con qualcosa che “capita”, con un accadere, un “evento”. Qualcosa che o c’è o non c’è. Qualcosa che non può né aumentare né diminuire. Questo è il motivo per cui “ti amo” non tollera avverbi (P. Bruckner). Né “un pò”, né “molto”; né “di meno” né “di piú”. Il “ti amo” è un assoluto che non può essere misurato, non può essere accresciuto o diminuito. Un amore che potesse essere misurato, quantificato, sarebbe anche intercambiabile. E quindi non sarebbe amore. Perciò nella frase “ti amo” c’è tutto, anche se il senso di quelle parole è sempre al di là di tutto quello che si possa dire. Perché l’amore è sempre qualcosa che riceviamo, e riceviamo da altrove, dall’altro, anche quando siamo noi a donarlo (J-L. Nancy).
Per questo abbiamo poco da “fare”: riguardo all’amore non è possibile nessuna “manutenzione”! Se non, forse, relativamente ai “contorni”.
Come dell’amore non è pianificabile una manutenzione, così non è possibile cercarloo tentare di “provocarlo” o di crearne le condizioni. Riguardo all’amore l’unico atteggiamento è la capacità di attendere. Così come, scriveva O.Wilde, esso ci attende, o ci ha atteso, forse in un crocicchio, a una svolta della nostra vita o in un luogo e momento inimmaginabili.
Perciò l’amore non è mai qualcosa che si “ha” o si “possiede”, come tendiamo a pensare con la nostra mente deformata dal primato dell’utile. Casomai è lui che ci possiede, anche se non ci assicura mai di niente! Infatti, l’amore è un dio, dicevano gli antichi – lo dicono anche le scritture cristiane che Dio è amore – ma è un dio strano, perché è segnato sempre da “mancanza”. Come diceva Socrate – glielo aveva insegnato una donna, Diotima – e come dice anche il racconto cristiano che narra di un Dio-amore che si svuota.
L’amore è perciò sempre un “dio che viene“, ma un dio privo di potenza (C.Bobin), come un mendicante, come un ladro nella notte, che “ruba la vita di chi ama” (M. Bettetini), come il vento che soffia dove vuole.
E allora, chi può pretendere di pianificarlo o di farne la manutenzione? Si può solo attenderlo, sperando di riconoscerlo!
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Anonimo
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