La festa dei principianti
Perché festeggiamo il capodanno? Non è forse vero che dal 31dicembre al 1gennaio non cambia niente?
Non hanno ragione quelli per i quali non ci sono ragioni per festeggiare un giorno che non ha niente di diverso dal giorno precedente e da quelli seguenti? Soprattutto oggi, quando il mercato e il consumismo sembrano fagocitare e cancellare il senso di tante feste e tradizioni?
Se poi pensiamo alla relatività delle periodizzazioni e scansioni temporali nelle varie civiltà e culture, dove il capodanno è stato collocato in giorni e mesi diversi, il nostro interrogativo relativo al senso di questa festa diventa più insistente.
Ma forse è proprio questa circostanza che può aiutarci a capire meglio.
Perché, se il capodanno, al di là della sua collocazione temporale, è una costante da tempi immemorabili, come attestano l’antropologia e la fenomologia delle religioni arcaiche, qualche ragione dovrà pur esserci.
E la ragione non è solo celebrare la morte e la rinascita.
O, come scriveva Borges, celebrare lo stupore davanti al miracolo
“che malgrado siamo/le gocce del fiume di Eraclito,/perduri qualcosa in noi:/immobile.”
Forse una ragione più profonda della festa è ricordarci e, in qualche modo, “rappresentare“, che è tipico della condizione umana “principiare” e non solo ricominciare: il principiare è nella nostra natura, è nella nostra costituzione o essenza.
È ciò che ci distingue dalle altre specie. Gli individui umani infatti sono gli unici capaci di uscire dal ciclo della necessità naturale, per dare origine alla storia.
Sì, noi umani siamo essenzialmente dei “principianti”. Gli unici abiliati a “principiare“. A dare origine a nuovi stati di cose.
Non occorre temere o guardare con sospetto la categoria “principiante“, ma decifrarla nel suo significato più profondo e nascosto, al di là del senso comune della parola.
Infatti, solo chi vive la vita come un continuo “inizio”; solo chi si considera sempre agli inizi, proprio come un “dilettante” vero, solo un “principiante“ “sa” davvero cosa significa scoprire, imparare e crescere. E quindi vivere.
In più, scriveva Eberhard Jungel, solo un “principiante genuino” è davvero libero. Cioè radicalmente umano. In effetti, se la libertà non è possibilità di “iniziare”, di dare avvio a uno stato di cose nuovo, rimane solo un ipocrita flatus vocis.
Ecco perché ogni tipo di regime assoluto, dispotico o totalitario ha sempre paura della libertà,
Quando Immanuel Kant scriveva che la facoltà di “iniziare da sé” uno stato di cose, è l’essenza della libertà, intendeva probabilmente qualcosa del genere.
Ogni istante della vita, mi faceva osservare una saggia amica, è un “gioco che comincia“. In questo gioco, non possiamo che essere tutti “dilettanti”. Principianti, appunto.
Non deve apparire paradossale quindi se anche un acuto teologo di Tubinga, come Jungel, scriveva che Dio, nella sua creatività, “è l’autentico principiante”.
Insomma, come Dio è Dio anche perché è l’autentico principiante, ed è in grado di uscire dal ciclo immobile dell’eternità e della trascendenza per “principiare” e dare inizio a impossibili e impensabili “nuovi stati di cose”, così anche la capacità di iniziare e di uscire dal ciclo della pura necessità distingue in profondità l’essere umano.Qualcosa del genere, del resto, aveva scritto già Hegel nella sua Fenomenologia.
Beh, forse è proprio questo che, inconsapevolmente, abbiamo bisogno di riportare alla coscienza e di celebrare nella festa di capodanno.
Un commento
Luigi Vassallo
Mi piace la sottolineatura di PRINCIPIARE come dare inizio aprendo al nuovo e, quindi, alla scoperta.